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Castellion, Sébastien.

Teologo protestante e umanista savoiardo. Convertitosi alla Riforma nel 1538, alcuni anni dopo, si trasferì da Lione a Ginevra, dove divenne discepolo di Calvino e reggente del Collegio calvinista. Presto la sua posizione si distinse da quella di Calvino ed egli apri la controversia che condannava la persecuzione per motivi d'opinione, battendosi per la tolleranza religiosa. Al quesito di Tommaso d'Aquino "se gli eretici siano da perseguitare", rispose risolutamente di no e, insieme con un gruppo di teologi che condividevano la sua opinione, tra cui Giacomo Acconcio e Fausto Socini, formulò per la prima volta una difesa della tolleranza. Costretto a lasciare Ginevra nel 1544, si stabilì a Basilea dove nel 1552 ottenne la cattedra di letteratura greca, continuando la propria lotta in favore della tolleranza religiosa. Nell'opera De arte dubitandi, fornì una solida base teologica alla tesi antipersecutoria, facendo una distinzione tra conoscenza e fede e affermando che ci è dato "conoscere" solo ciò che è vero, perché ci viene dimostrato tale dai sensi, dall'esperienza o dalla deduzione di conseguenze che discendono logicamente da premesse valide. Noi possiamo tuttavia credere anche a ciò che non è vero, poiché alla base delle nostre opinioni non sta l'evidenza o la dimostrazione logica, bensì la fede che comincia dove finisce la conoscenza, in quanto tutto ciò che è accettato o che si può accettare appartiene al regno della conoscenza. Pertanto, la fede cristiana non dipende dalle conclusioni inevitabili di un ragionamento, bensì da un atto di volizione ed è perciò una virtù. Intervenendo sul caso Serveto, il riformatore condannato al rogo come eretico dal Consiglio di Ginevra, nel 1554 C. pubblicò il De hereticis an sint persequendi, sotto lo pseudonimo di Martinus Bellius. Si trattava di una raccolta di passi di vari autori, da Sant'Agostino ai riformatori contemporanei, preceduta da un saggio introduttivo in cui C. chiariva la dottrina calvinista, secondo cui il genere umano sarebbe diviso in eletti e dannati; egli affermava che nell'intenzione divina tutti gli uomini possono salvarsi, e, per consentire questo, la sostanza della fede deve essere comprensibile a tutti e perciò semplice. Ricordava che il Vangelo di Cristo era stato predicato ai poveri e agli umili che l'avevano accolto, mentre i dotti (scribi e farisei) lo avevano respinto. Tra le altre sue opere: Dialogorum sacrorum libri quatuor (1540-45); Contra libellum Calvini (pubb. postuma, 1612). L'edizione integrale della sua opera principale il De arte dubitandi et confidendi, ignorandi et sciendi è apparsa per la prima volta nel 1937. Tradusse inoltre in latino e francese vari libri della Bibbia: Biblia sacra latina (1551); La Bible translaté e avec annotations (1555) (Saint-Martin-du-Fresne, Bugey 1515 -Basilea 1563).